“La fase 2 dovrebbe essere articolata su base locale nel rispetto delle normative regionali e nazionali. Servono: Distanziamento sociale, mascherine nei luoghi chiusi, igiene delle mani e segnalazione immediata di casi sospetti. Non servono task force centralizzate” (E.Caggia)
Durante i festeggiamenti per il capodanno 2020 nessuno di noi avrebbe immaginato quanto sarebbe accaduto da lì a poco. Le prime informazioni provenienti dalla Cina sembravano destinate a non dover incidere più di tanto sulla nostra vita. Si parlava di un paese lontano, tanto lontano da noi. Abbiamo assistito tutti alle esternazioni di politici, opinionisti, scienziati che nei primi mesi dell’anno hanno detto tutto e il contrario di tutto. Ci ricordiamo tutti della corsa alla minimizzazione, il covid-19 è poco più di una banale influenza, per passare da li a poco alla presa di coscienza che ci saremmo trovati di fronte ad un nemico terribile.
I primi malati in Lombardia e poi il bollettino di guerra quotidiano, fatto di nuovi contagi e di decessi. Si perché di covid e per il covid è morta tanta gente. Le immagini delle bare di Bergamo ha fatto il giro del mondo, dando il senso di quello che può causare una pandemia. Nessuno di noi era pronto ad affrontare questa emergenza. Nessuno poteva pensare di dover affrontare una situazione tanto grave da limitare la nostra libertà. Il nostro mondo, fatto di spostamenti, di velocità, di esaltazione dell’io, di colpo ha subito una frenata. Tutto si è fermato. Ci sono rimasti solo i social. Abbiamo dovuto reinventare la nostra vita.
Scuole chiuse, uffici chiusi. In una parola lockdown. Una parola sconosciuta ai più fino a qualche giorno fa. Una parola che ci ha cambiato. Scopriremo più avanti se in meglio o in peggio. Di colpo ci siamo trovati a casa a condividere spazi e tempi che non eravamo abituati a condividere. Tutto azzerato. Niente amici, niente parenti, niente palestra, niente viaggi, solo qualche ora d’aria per la spesa o qualche necessità improrogabile. Forze dell’ordine a garantire il rispetto delle regole, città deserte. Scene che nessuno di noi avrebbe creduto di dover mai vedere. Prigionieri di un nemico invisibile, ma potenzialmente letale, il Covid-1.
Bambini chiusi a casa. Niente scuola, niente amici. Didattica a distanza per i più grandi. Video e chat con le maestre per i più piccoli. Di loro si è parlato pochissimo, qualche accenno ma poco altro. Ne vedremo, purtroppo, le conseguenze. Gli occhi dei bambini vedono la realtà senza filtri e la loro sofferenza è spesso silenziosa e mascherata. Affrontare la fase 2 con le scuole e gli asili chiusi sarà un problema enorme per le famiglie. Ancora una volta bisognerà fare ricorso alla forza nascosta delle famiglie: i nonni, per chi ce li ha. Altrimenti saranno problemi.
Ma ora si intravede la fine del tunnel. Dopo i mesi di angoscia e sfiducia ci si avvia alla ripartenza. La cosiddetta Fase 2. Siamo pronti per affrontarla?
Per il lavoro che faccio non sono stato chiuso a casa per due mesi. Sono andato in ospedale tutti i giorni. Ho visto cambiare il nostro modo di assistere i malati. Solo casi urgenti, tutto il resto lontano dall’ospedale per evitare, giustamente, possibili contagi. È cambiato il nostro abbigliamento da lavoro, molto più protettivo. Desolante vedere i corridoi degli ospedali deserti. Ma questo è il nostro lavoro, quindi cerchi di garantire a tutti il diritto più importante: quello alla salute. Ora si riparte tra mille insicurezze e posizioni diverse.
Questi mesi di lockdown hanno messo in ginocchio l’economia e molte famiglie hanno dovuto raschiare il fondo del barile. Molti aiuti promessi sono rimasti a livello di promessa. Questo ha aumentato, per alcuni versi, la rabbia. Abbiamo accettato le restrizioni, ci saremmo aspettati una maggiore attenzione per il sostegno all’economia. Al piccolo imprenditore, al commerciante, all’artigiano importa poco del MES. Sa che se non apre subito la sua saracinesca resterà chiusa per sempre. Questo non significa che dobbiamo correre rischi di ripresa del contagio. Dobbiamo mettere in campo strategie mirate.
Credo che in quest’ottica la fase 2 debba essere articolata su base locale nel rispetto delle normative regionali e nazionali. Quello che è necessario pretendere a Codogno non è applicabile a Comiso. Bisogna avere il coraggio di affermare che non è possibile riaprire tutta l’Italia con la stessa velocità. Aperture mirate e diversificate, in funzione dei dati epidemiologici, ci permetterebbero di avere microaree più facili da controllare. Lo stretto monitoraggio della microarea è più semplice e permetterebbe un più agevole e veloce intervento di sanità pubblica. Norme semplici ma rigide. Distanziamento sociale, mascherine nei luoghi chiusi, igiene delle mani e segnalazione immediata di casi sospetti. Non servono task force centralizzate. Servono tante piccole centrali di monitoraggio che, conoscendo bene il territorio, possano intervenire tempestivamente. Ovviamente alla base di tutto ci sta il buonsenso. Gli italiani, in quest’occasione, hanno dimostrato di essere un popolo intelligente e rispettoso delle regole. Basta con la presunzione di colpevolezza. Siamo stati un popolo abituato a dover certificare l’onestà. Con questa pandemia abbiamo dimostrato di essere un grande popolo che nei momenti di difficoltà sa sempre cosa fare.
Diamoci fiducia e vinceremo noi.
Emanuele Caggia
