Sinossi : Il barone Michele Catalano vive a Cammarana, nella contea di Sciri, nella seconda metà del settecento ed è uno dei più importanti e facoltosi proprietari terrieri della zona. Egli, giovane gentiluomo, ha ereditato dal padre il feudo e con una amministrazione intelligente ed oculata lo ha ampliato notevolmente, fino a farlo diventare una potenza economica. Solo un altro nobiluomo rivaleggia con lui, è il principe abate don Giacomo Paternò rettore del monastero di san Marco e dell’annesso feudo. Le due figure si fronteggiano essendo diametralmente diverse. Il barone Catalano, seppure molto giovane, è diventato uno degli uomini più ricchi e potenti dell’intera Sicilia ma è comunque un idealista, seguace dell’illuminismo nascente e sensibile alla sorte dei più deboli. L’altro è il rappresentante delle idee più conservatrici e fa del cinismo e della cattiveria l’arma principale del suo potere, che esercita anche attraverso il tribunale della Santa Inquisizione che egli presiede e che è in realtà il suo braccio armato. Il barone ha in testa idee strampalate, addirittura vuole coinvolgere i contadini della contrada “Culorva” in un esperimento di partecipazione alla gestione delle terre. Lo scontro tra i due è inevitabile ed esso si acuisce ancora di più quando la contessina Isabella Cascio conosce il barone Michele e se ne innamora. Ella è stata l’amante dello zio abate don Giacomo, che ha approfittato della morte prematura del conte Cascio per impossessarsi dei loro averi e perfino della stessa giovane nipote. Isabella, ormai disperata, trova in Michele la forza di ribellarsi agli stupri dello zio e lo lascia iniziando una vera storia d’amore col giovane. Così la guerra tra il feudo di Jungi e quello di San Marco inevitabilmente divampa con cruente azioni ostili a cui, inizialmente, Michele Catalano non reagisce. Ma ad un certo punto la misura è colma e l’incendio di una contrada coltivata a carrubeto rappresenta la risposta visibile e plateale alla prepotenza del potere costituito. Il popolo e la parte più avanzata della società è incoraggiata da questo gesto di ribellione all’arroganza di don Giacomo e comincia a sostenere il barone con pubbliche dimostrazioni di entusiasmo. Il potere assoluto dell’abate comincia a scricchiolare e allora egli ricorre alla sua arma più forte e pericolosa, il tribunale della Santa Inquisizione. Per distruggere don Michele, infatti, istruisce contro di lui una causa per eresia. Il pericolo è veramente grande, l’ombra dell’autodafé e del successivo patibolo si profilano minacciose all’orizzonte di Jungi. Solo un miracolo può salvare il barone Michele Catalano. San Domenico Urbano, santo protettore della famiglia del giovane barone, interviene da par suo e così si apre per lui una possibilità di salvezza. In questo scontro in cui si fronteggiano l’illuminismo e l’oscurantismo, la ragione e la fede al servizio del potere cieco e assoluto, tra crimini, uccisioni e scontri cruenti si consumano tradimenti ed eroismi. Molti personaggi animano il romanzo, rappresentando uno spaccato di un mondo che appartiene al settecento ma che potrebbe anche essere attuale, tra tutti spicca la figura di Tanuzza, vecchia governante del barone incarnazione del popolo, che, forte di una intelligenza e sagacia tenute sempre nascoste, contribuisce da protagonista allo sviluppo degli eventi. I funghi cortinarius orellanus e San Domenico Urbano, abilmente orchestrati da Tanuzza e dalla contessina Isabella, sono alla fine i salvatori di don Michele e, paradossalmente, determinano il successo delle nuove idee rivoluzionarie. Aiuto divino o sagacia del barone e della sua gente? Il dubbio resta al lettore che durante l’opera si districherà tra incognite e certezze, tra misteri ed evidenze che si alternano a rappresentare la Sicilia barocca, paradigma dell’essenza dell’uomo.
Biografia dell’autore
Michele Zisa nasce nel 1958 a Comiso, cittadina siciliana di Gesualdo Bufalino, Salvatore Fiume e del movimento pacifista contro le testate nucleari degli anni ’80. Lì vive e lavora coltivando la passione per la scrittura. “Nati Morti” è il suo terzo titolo dopo “Racconti minimi di un cacciatore” e “Non si parte, non si parte”. Briciole di felicità/ Nascoste tra le ortiche della vita./ Lacerano il cuore./ Fanno male e ci consolano./ Un ricordo, / Una voce, / Un attimo,/ Vorrei sparire,/ Annichilire./ Sacrificio e annullamento./ Perdersi e trovarsi./ Il destino ci comanda./ E a noi, poveri illusi, / non resta altro che / viverci addosso./ Solo,/ dal fondo dell’abisso,/ ti canto/ tutto il dolore del vivere.
Fonte biografia: http://www.lampidistampa.it/michele-zisa/916.html